EDITORIALE – La Grande Camera della Corte di Giustizia U.E. lo scorso 2 marzo ha ravvisato che le norme estoni, peraltro simili a quelle in vigore in Italia, che consentono una conservazione generalizzata e indifferenziata dei dati relativi al traffico telefonico/informatico e dei dati relativi all’ubicazione, riservando al Pubblico Ministero il potere di acquisizione contrastano con il diritto dell’Unione Europea.
La Grande Camera, sulla scorta di numerosi precedenti giurisprudenziali, conferma, pertanto, alcuni principi di diritto a tutela della riservatezza, della protezione dei dati di carattere personale, della libertà di espressione e d’informazione, nonché del principio di proporzionalità delle limitazioni a tali diritti e libertà.
Più nel dettaglio, la Grande Camera della Corte di Giustizia U.E. “ha precisato che l’art. 15, § 1, della Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12.7.2002, sul trattamento dei dati personali e sulla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni (Direttiva sulla vita privata e le comunicazioni elettroniche), letta alla luce degli artt. 7 (tutela della riservatezza), 8 (protezione dei dati di carattere personale) e 11 (libertà di espressione e d’informazione) nonché dell’art. 52, § 1 (principio di proporzionalità delle limitazioni ai diritti e alle libertà), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale, la quale consenta l’accesso di autorità pubbliche ad un insieme di dati relativi al traffico telefonico/informatico o di dati relativi all’ubicazione, idonei a fornire informazioni sulle comunicazioni effettuate da un utente di un mezzo di comunicazione elettronica o sull’ubicazione delle apparecchiature terminali da costui utilizzate e a permettere di trarre precise conclusioni sulla sua vita privata, per finalità di prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento di reati, senza che tale accesso sia circoscritto a procedure aventi per scopo la lotta contro le forme gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica, e ciò indipendentemente dalla durata del periodo per il quale l’accesso ai dati suddetti viene richiesto, nonché dalla quantità o dalla natura dei dati disponibili per tale periodo.” (cfr. Leonardo Filippi – Professore Emerito di Diritto Processuale Penale, Università di Cagliari in “La Grande Camera della Corte di giustizia U.E. boccia la disciplina italiana sui tabulati” su penaledp.it dell’8 marzo scorso).
In breve, la normativa europea vieta una normativa nazionale che renda il Pubblico Ministero competente ad autorizzare l’accesso di un’autorità pubblica ai dati relativi al traffico e ai dati relativi all’ubicazione ai fini di un’istruttoria penale, dato che il compito del Pubblico Ministero è quello di dirigere il procedimento istruttorio penale e di esercitare, eventualmente, l’azione penale in un successivo procedimento.
Sulla scorta di questi princìpi di diritto, il Governo questa settimana ha accolto l’Ordine del giorno presentato alla Camera dal deputato di Azione, Enrico Costa, e sottoscritto da Lucia Annibali (Italia Viva) e Riccardo Magi (+Europa) che chiede che l’accesso ai tabulati telefonici da parte dei Pubblici Ministeri sia “subordinato all’autorizzazione del giudice”, ossia: l’accesso deve essere sottoposto al controllo di un’autorità terza, fatta eccezione che per “procedure aventi per scopo la lotta contro le forme gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica”.
L’esecutivo si impegna così ad introdurre questa norma, probabilmente nell’ambito della riforma del processo penale.
“Il tabulato telefonico ‘traccia’ la vita delle persone, svela la posizione nello spazio e nel tempo di una persona e la sua cerchia di relazioni. Secondo l’odg di Azione il pm può ottenerli solo se autorizzato dal Giudice”, ha twittato Costa dopo l’approvazione del ordine del giorno da parte del Governo.
In una intervista rilasciata al quotidiano Repubblica, Costa ha, inoltre, avuto modo di dichiarare: “L’Italia non può ignorare la decisione lapidaria della Corte del Lussemburgo sui tabulati telefonici. Per la delicatezza dello strumento non può essere solo il pm, la pubblica accusa, a chiedere e ottenere quegli elenchi, ma è necessario il via libera di un giudice terzo, il giudice per le indagini preliminari”, precisando, inoltre, che per i casi urgenti “varrà la stessa regola delle intercettazioni”, cioè una “convalida successiva” da parte del giudice.
Del resto, in virtù del principio di proporzionalità, i giudici di Lussemburgo hanno riaffermato la tesi che “soltanto gli obiettivi della lotta contro le forme gravi di criminalità o della prevenzione di gravi minacce per la sicurezza pubblica sono atti a giustificare l’accesso delle autorità pubbliche ad un insieme di dati relativi al traffico o all’ubicazione, i quali sono suscettibili di fornire informazioni sulle comunicazioni effettuate da un utente di un mezzo di comunicazione elettronica o sull’ubicazione delle apparecchiature terminali utilizzate da quest’ultimo e tali da permettere di trarre precise conclusioni sulla vita privata delle persone interessate”.
Come evidenziato da autorevole dottrina, le sentenze della Corte di Giustizia U.E. non sono immediatamente operanti nell’ordinamento interno; Tuttavia, esse rappresentano un autorevole invito al Legislatore dei singoli Stati ad adeguarsi al diritto dell’Unione e perciò la necessità di introdurre finalmente una duplice riserva (di legge e di giurisdizione), prevedendo, con “regole chiare e precise”, le “garanzie minime”, cioè “i casi e i modi” per l’accesso ai dati.
Dopo l’approvazione alla Camera dell’emendamento che introduce e recepisce la direttiva UE sulla presunzione di innocenza e sul diritto di presenziare al processo, l’approvazione dell’ordine del giorno sui tabulati rappresenta un nuovo, importante segnale che un vento di garantismo ed europeismo spira finalmente anche in Italia.