#TellMeRock, 27 marzo 1992. La “doppietta” di Bruce Springsteen e i cambiamenti di Lucky Town e Human Touch

EDITORIALE – 1992: tempo di cambiamenti. Tutta la musica, specialmente quella americana, si sta evolvendo nel profondo: nuovi generi emergono (basti pensare al grunge, su tutti), nuove sonorità iniziano ad essere proposte, nuovi nomi escono dall’anonimato e scalzano con violenza dal trono le star del decennio precedente.


Una colonna della musica americana e mondiale, come il Boss, al secolo Bruce Springsteen, non poteva non accorgersi di questo cambiamento, già in preparazione da alcuni anni ed ora in fase di esplosione rapida. Oltretutto, egli stesso negli anni tra la fine degli anni 80 e l’inizio dei 90 stava di suo vivendo profondi mutamenti a livello personale ed artistico. Il suo primo matrimonio aveva velocemente iniziato a declinare, e tutte le problematiche legate ad un rapporto di coppia mal funzionante erano diventate il tema portante di un album come Tunnel of Love (1988). Proprio con quest’album, poi, Springsteen per la prima volta (se si esclude l’album acustico Nebraska del 1982) prova a comporre e registrare un album praticamente in solitaria, coinvolgendo i membri della E Street Band solamente in fase di rifinitura, per piccole parti di contorno.
Se il distacco dalla band storica e amata a livello planetario in quel caso fu solo parziale (nel tour di supporto infatti venne richiamata la E Street Band al completo), nel passo successivo il divorzio diviene totale: il Boss compone, produce e registra tutto da solo, e per il tour di supporto chiama una band tutta nuova, fatta di musicisti giovani ma già affermati, tenendo come unico legame con il passato il solo “professor” Roy Bittan alle tastiere.

Il passo successivo, si diceva: in realtà i passi sono due. Il 27 marzo del 1992 escono infatti due album, composti e pensati da Springsteen espressamente come due facce della stessa medaglia, con caratteristiche comuni e convergenti in modo da formare un’opera magniloquente e completa. Human Touch e Lucky Town sono le due facce della medaglia: accreditati al solo Springsteen, in realtà presentano al loro interno musicisti parzialmente diversi, in modo da sottolinearne le due diverse anime. La differenza principale è dietro la batteria: se in Human Touch troviamo il grandissimo Jeff Porcaro (Toto), alle ultime incisioni prima della tragica ed improvvisa morte nello stesso anno, in Lucky Town vi è l’altrettanto valido Gary Mallabar. Per il resto, il Boss stesso si occupa personalmente di chitarre e basso, alle tastiere compaiono i vecchi sodali Roy Bittan e Ian McLagen, e ai cori la nuova compagna Patty Scialfa, con la quale Springsteen si sposerà di lì a breve.


Musicalmente, questi due nuovi prodotti non si discostano in maniera sostanziale dallo stile classico del Boss: si tratta sempre di classicissimo rock americano al suo massimo splendore, coniugato però in maniera meno rimarcata e chiassosa rispetto alla E Street Band, e privilegiando i toni melodici e metropolitani in Human Touch e quelli stradaioli e diretti in Lucky Town. Proprio la differenza a livello di sonorità fece sì che questi due dischi non fossero mai capiti e apprezzati fino in fondo dai fan storici, quelli legati alla E Street Band. Infatti, entrambi gli episodi trovano una loro dimensione solamente se si evita di porli a diretto confronto con i super classici di Springsteen, i vari Born To RunThe River Born in The U.S.A.. D’altronde, Springsteen stesso li considerava un autentico nuovo inizio per la sua carriera, ed il cambio (traumatico, a suo stesso dire) della band andava a sottolineare proprio questo aspetto. Se si ascoltano e si giudicano semplicemente come album di classic rock americano, allora è davvero difficile non farsi ammaliare dalla splendida title-track, dalla potente opener Better Days, dalla scatenata Leap of Faith.

Così come dalle delicate ballate semi-acustiche Book of Dreams e My Beautiful Reward. La colonna sonora perfetta per un coast to coast nelle highway americane.

Esattamente come non mancavano pezzi di assoluto valore nell’album “gemello”: Man’s JobI Wish I Were Blind e Roll of the Dice su tutti.

La stessa tournée mondiale seguente, con una memorabile data in Italia a Verona, mostrò in modo evidente come l’artista fosse tutt’altro che sul viale del tramonto e come i pezzi nuovi, anche in sede live, potevano stare tranquillamente al passo con i vecchi classici, a loro volta riarrangiati dalla nuova, più ristretta, formazione. I pezzi sopra citati sono quelli maggiormente riusciti, ma il resto del disco porta altri esempi del classico stile di Springsteen, con il country di Local Hero, il rock rabbioso di Souls of the Departed e la malinconia di The Big Muddy Living Proof.


Come detto, la critica e in parte il pubblico stesso, non apprezzarono particolarmente la svolta operata e questi album. Infatti, ancora adesso, restano una sorta di incompiuta nella carriera di Springsteen; salvo venire rivalutati, nei loro pezzi più riusciti, a distanza di tempo. Dei due, Lucky Town gode attualmente di giudizi migliori rispetto a Human Touch, probabilmente perché la vena country-rock che permea il primo dalla prima all’ultima nota sembra più consona alle corde del Boss rispetto alle raffinatezze melodiche e di arrangiamento del secondo.

La svolta compositiva e musicale fatta con questo coraggioso doppio album rimase comunque fondamentale per il proseguimento della carriera di Springsteen , che da qui troverà l’ispirazione per il bellissimo acustico The Ghost of Tom Joad (1995) e successivamente per il gran ritorno con la E Street Band negli anni 2000; anche se, per ritrovare completamente la magia del passato nei pezzi elettrici bisognerà attendere lo splendido Magic del 2008.

Lì il cerchio si chiude definitivamente e il Boss ritornerà, insieme con i suoi compari storici, meritatamente sul trono della musica mondiale.

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